Che ci piaccia o no, che lo si voglia o no: ecco il punto. Insuperbiti dagli schemi presuntuosi d'una cultura che in nome del razionalismo si vanta e si illude di spiegare tutto, distratti dal sacrosanto bisogno di sentirci padroni di noi stessi, non ci accorgiamo d'essere alla mercé d'una logica a noi estranea e per noi incomprensibile. Rifiutiamo insomma il mistero che gli antichi chiamavano Fato o Destino, ci raccontiamo che non esiste, e con buona ragione: è odiosa la parola destino. E' il simbolo d'una potenza che offende il concetto di responsabilità, la libertà di decidere secondo il nostro giudizio o i nostri desideri, il diritto di scegliere la nostra vita. Inoltre cela in sé il rischio della rinuncia, della rassegnazione. Sia-fatta-la-volontà-di-Dio, amen. Invece il destino esiste, purtroppo. Sta in ciò che definiamo Caso, coincidenze fortuite, e, per usarci a suo arbitrio si serve degli strumenti più insospettabili. Una frase insignificante, un incontro banale, un giocattolo innoquo. Una gioia, un dispiacere, un'amicizia, un amore, una bomba. E da ultimo ce ne convinceremo fino a rabbrividirne.
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